mercoledì 5 dicembre 2007

Dare senso al blog

Osservazioni

Lo scopo di questo blog non deve assolutamente ridursi all'esposizione di concetti della disciplina nè a un semplice indirizzamento di materiale opportuno per approfondimenti o ricerche. A questo scopo è necessario stabilire ed avere ben chiaro il modo in cui utilizzare questo strumento, ed inoltre è necessario capire in che modo verificare e valutare la corretta comprensione degli argomenti trattati da parte degli alunni.



Il blog come punto di interazione e strumento di amplificazione del processo di apprendimento

Principalmente si vuole fornire uno strumento di interazione capace di amplificare il processo di insegnamento/apprendimento.

L'interazione col docente avviene non solo in aula ma anche sul blog, attraverso i "commenti".Si tratta di lanciare agli allievi un messaggio di collaborazione cooperazione e apertura, ogni alunno può fornire il prorpio contributo individuale in termini di osservazioni e critiche.

Il ruolo di questo strumento come amplificatore del processo di insegnamento/apprendimento, invece, si riassume nei seguenti tre punti:


  • Riduzione della centralità dell'insegnante: gli alunni da soli esamineranno gli argomenti proposti, attraverso gli indirizzamenti proposti effettueranno le ricerche più opportune, il loro ruolo diventa centrale nell'apprendere quei concetti, il mio ruolo di insegnante appare invece come "facilitatore" più che come detentore del sapere;

  • Favorire "l'apprendere agendo": con questo strumento i ragazzi non sono sottoposti ad una lezione clessica in cui a volte il loro ruolo si riduce semplicemente a prendere appunti e la loro attenzione diminuisce dopo qualche minuto di lezione; con questo strumento il focus del loro apprendimento viene spostato sul fare: fare ricerche su internet, collegarsi ai vari siti, lasciare sul blog un commento su quanto letto.

  • Aumento della collaborazione tra alunni: i problemi che possono sorgere nell'utilizzare il computer portano gli alunni ad appoggiarsi a compagni più esperti, che possono dare consigli utili.


Valutare tutti valutare ciascuno


La valutazione è un processo complesso che non si ottiene semplicemente sottoponendo l'allievo ad una verifica che contiene domande sui concetti trattati. Non si tratta cioè di valutare solo il prodotto finale, ma vengono analizzati i vari momenti e le diverse fasi del processo formativo. Ciò consente di verificare ad esempio l’evoluzione dei processi cognitivi e metacognitivi, il grado di motivazione.



  • Ancor prima di proporre agli alunni l'utilizzo del blog è necessario verificare l'esistenza degli strumenti sufficienti per avviare tale percorso formativo.

  • Durante la trattazione degli argomenti nel blog è necessaria un continuo monitoraggio del percorso formativo di ogni singolo allievo per potenziarlo e per correggerlo. Ciò non è solo di aiuto all'alunno ma anche a me perchè mi consente di effettuare un feedback sul lavoro effettuato e di essere critica sulla metodologia utilizzata. Per fare ciò chiederò agli alunni di lasciare un proprio commento sui vari post presenti nel blog; di scrivere delle relazioni sui siti visitati per comprendere meglio gli argomenti trattati e di segnalare eventuali siti differenti da quelli consigliati che a loro avviso permettano una più semplice comprensione dei vari concetti. Questo permetterà di valutare ogni singolo alunno nel proprio processo formativo e di seguirlo nelle varie fasi.Questa metodologia, a mio parere, aumenterà, inoltre, la consapevolezza da parte dell’allievo sull’andamento del percorso in termini di risultati raggiunti e di aree di possibile miglioramento (autovalutazione).

  • Alla fine della trattazione dell'argomento poi verrà effettuata una verifica in aula per poter valutare la coerenza delle singole fasi rispetto all'intero percorso formativo, e la congruenza del percorso formativo rispetto a quello progettato.

martedì 13 novembre 2007

QUARTA LEZIONE: Applicazioni del diodo

Osservazioni
In questa lezione verranno spiegate alcune applicazioni del Diodo; in particolare, per quanto premesso quando si è iniziato ad affrontare questo modulo, si cercherà di far comprendere agli allievi come il diodo trova applicazione nel raddrizzatore e nello stabilizzatore di un alimentatore.
Verranno presentate delle slide per far comprendere passo passo il funzionamento di tale tipo di dispositivi.
Questa trattazione non ha come fine semplicemente quello di far conoscere all'allievo il raddrizzatore a semionda, il diodo Zener, e il circuito stabilizzatore ma soprattutto quello di permettere all'alievo di saper definire l'utilizzo dei diodi nei raddrizzatori e negli stabilizzatori degli alimentatori.


APPLICAZIONI DEL DIODO

Per ottenere la tensione di alimentazione per i circuiti elettronici si sfrutta il segnale proveniente dalla rete di distribuzione; esso necessita di una adeguata conversione, poiché la maggior parte dei dispositivi elettronici richiede, per poter funzionare, un’alimentazione continua che và da pochi volt fino a qualche decina di volt e valori di corrente che vanno da qualche mA fino a qualche decina di ampere, mentre la tensione di rete è di tipo sinusoidale con valore efficace pari a 220V e frequenza pari a 50Hz. I dispositivi che convertono la tensione di rete (220 V sinusoidale alternata con frequenza di 50 Hz) ad una tensione continua di valore utile al funzionamento del dispositivo che si vuole alimentare vengono chiamati ALIMENTATORI. In questi ultimi trova la più comune applicazione il diodo.


Raddrizzatore a semionda
Un raddrizzatore è un dispositivo in grado di trasformare un segnale elettrico alternato (ossia periodicamente negativo e positivo) in un segnale unidirezionale. Per mezzo dei diodi a giunzione è possibile realizzare diversi tipi di raddrizzatori con caratteristiche diverse. Qua consideriamo il tipo più semplice: il raddrizzatore a semionda.
Supponiamo di mettere in ingresso al circuito riportato nella slide seguente un segnale alternato, in esso RL rappresenta la resistenza di carico di un ipotetico utilizzatore.
Fin tanto che la tensione risulta maggiore di zero ma minore della tensione di soglia del diodo quest'ultimo risulta polarizzato inversamente e quindi il suo comportamento è riconducibile a quello di un circuito aperto, dunque la tensione d'uscita in queste condizioni non può essere che nulla.



Quando la tensione d'ingresso raggiunge valori maggiori della tensione di soglia del diodo quest'ultimo risulta polarizzato direttamente, il suo comportamento è riconducibile a quello di un corto circuito, dunque la tensione d'uscita in queste condizioni nosegue quella d'ingresso; non appena il valore della tensione d'ingresso torna minore di quello della tensione di soglia il diodo torna a polarizzarsi inversamente e la tensione d'uscita torna a zero.

In definitiva inserendo il diodo in quel determinato circuito si ottiene il l'utilizzo del diodo come raddrizzatore e infatti la tensione in uscita al circuito assume il seguente andamento:


ovvero si ottiene il raddrizzamento (valori solo positivi) dell'onda in ingresso solo in un semiperiodo.


Diodo Zener
Il diodo Zener è un diodo al silicio costruito proprio per funzionare nella zona di breakdown.
Questi diodi sono caratterizzati da tensioni di rottura inverse di valori noti con sufficiente precisione e sono disponibili per un numero elevato di valori di tensioni di zener (è il nome usato per la tensione di rottura inversa di questi dispositivi). Sono molto usati per produrre tensioni di riferimento precise e stabili, necessarie per realizzare alimentatori stabilizzati. La curva caratteristica di un diodo zener è analoga a quella di un normale raddrizzatore, salvo che il valore di breakdown è mediamente più piccolo, noto con precisione e indicativamente compreso tra 2 e 70V. La tensione di breakdown dipende principalmente dalla resistività delle zone P e N che diminuisce all’aumentare del drogaggio. Nella figura sotto è rappresentato il simbolo circuitale e il circuito equivalente del diodo Zener, esso viene schematizzato con una f.e.m. VZ in serie ad una resistenza rZ, chiamata resistenza differenziale dinamica), e definita come:







Stabilizzatore di tensione con diodo Zener
Lo stabilizzatore di tensione è l’ultimo blocco di un alimentatore. Il compito dello stabilizzatore è quello di rendere la tensione continua stabile al variare dei diversi fattori che la influenzano.
Lo stabilizzatore di tensione più semplice è costituito da un diodo Zener. Considerando il caso ideale la tensione ai capi del carico è costante, poiché vincolata dal diodo. Infatti, se varia la corrente I (per una variazione della RL oppure della Vi), varia anche la corrente IZ dello Zener, ma la tensione VZ=VL rimane costante. Per fare in modo che lo stabilizzatore sia in grado di fornire una tensione costante al carico, è necessario che lo Zener lavori sempre in zona di breakdown: la corrente inversa del diodo non deve annullarsi mai.


La condizione minima di funzionamento, cioè la condizione in cui il diodo esce dalla zona di breakdown e non si comporta più da stabilizzatore, si ha quando la corrente è minima in e massima in , infatti secondo il principio di Kirchhoff si ha: supponendo , cioè costante fino a quando la si annulla, si ha Se la corrente assorbita dal carico è superiore rispetto al valore minimo della corrente in ,il diodo esce dalla zona di breakdown e quindi la tensione ai suoi capi non è più costante. Possiamo servirci della condizione sin qui esposta per dimensionare il circuito:
Da cui si ricava il valore massimo della resistenza di polarizzazione. In ogni caso è necessario evitare di dare alla R valori troppo bassi poiché la corrente dello Zener può essere eccessivamente elevata.

lunedì 12 novembre 2007

TERZA LEZIONE: Il diodo

Osservazioni
In questa lezione verrà descritto il funzionamento del diodo, dunque verrà rappresentata la caratteristica del diodo, ovvero il grafico che descrive in che modo variano la corrente e la tensione in questo tipo di dispositivo. La comprensione di tale grafico risulta assai importante per la comprensione del dispositivo stesso, pertanto in aula verranno proiettate delle slides per aiutare gli allievi a focalizzare meglio l'argomento trattato.
Gli obiettivi che si vogliono raggiungere non sono solo quelli di far conoscer agli alunni le nozioni fondamentali sul funzionamento del diodo ma di renderli abili nel saper leggere la caratteristica I – V del diodo, nel riconoscere il simbolo grafico e saper utilizzare il modello del diodo a semiconduttore, nel saper applicare i modelli approssimati del diodo ed infine nel risolvere semplici reti con diodi utilizzando i modelli equivalenti.

IL DIODO

I diodi sono dei dispositivi non lineari che assumono una notevole rilevanza elle applicazioni elettroniche nonostante la categoria dei dispositivi non lineari e, più in generale, dei circuiti non lineari sia molto vasta e complessa. L’importanza di tale componente consiste nella capacità di condurre corrente in un verso e di impedirne il passaggio nel verso opposto, dunque tale dispositivo in grado di funzionare come un interruttore aperto o chiuso a seconda della tensione presente ai suoi capi. Molte applicazioni utilizzano le caratteristiche del diodo, per esempio per rendere unidirezionale un segnale bidirezionale oppure per rendere stabile una tensione variabile. Una struttura costituita da una giunzione p - n con contatti ohmici agli estremi delle zone neutre p ed n si comporta come un diodo. Per questo tale dispositivo prende il nome di diodo a giunzione p – n. La caratteristica corrente-tensione è fortemente asimmetrica come si vede in figura c in basso. Con polarizzazione diretta la corrente cresce esponenzialmente, mentre con polarizzazione inversa satura ad un valore I0 molto piccolo.

Il diodo a giunzione P-N è caratterizzato da una rapida crescita della corrente se è polarizzato direttamente e da una conduzione di corrente praticamente nulla se polarizzato inversamente.
Nella figura è indicato il simbolo circuitale con le sigle dei due terminali, anodo (A) e catodo (K), rispettivamente corrispondenti alle zone drogate con impurezze accettori, zona n, ed impurezze donori, zona p.
Come si vede dalla caratteristica del diodo al Si, in figura 6, per tensioni V positive la giunzione è in polarizzazione diretta la corrente diretta fluisce dall’anodo al catodo. Per valori compresi tra 0 e , la corrente assume valori trascurabili. Per valori di V superiori a la corrente cresce esponenzialmente assumendo valori anche considerevoli.
Per tensioni V negative la giunzione è in polarizzazione inversa e la corrente, chiamata corrente inversa di saturazione, I0 fluisce dal catodo all’anodo e presenta valori molto piccoli. Per un dato valore di tensione negativa, piuttosto elevato, la giunzione diventa improvvisamente conduttrice, la giunzione subisce un fenomeno di rottura (o di break-down) in cui i legami covalenti nel deplation layer si rompono con conseguente brusco aumento di portatori e quindi di corrente. Ciò giustifica l’andamento quasi verticale che assume la caratteristica inversa. Il fenomeno di breakdown nella giunzione è dovuto a due meccanismi di rottura: effetto zener ed effetto valanga.
L’effetto Zener è un aumento dei portatori minoritari dovuto al campo elettrico esterno che, assumendo un valore molto elevato, rompono direttamente i legami covalenti presenti nella regione di svuotamento.
L’effetto valanga ha origine nella regione di svuotamento: i portatori minoritari (generati termicamente) sono accelerati dal campo elettrico e acquistano energia sufficiente per liberare, tramite urti con i legami covalenti, altri portatori, ossia elettroni di valenza; le nuove cariche libere, a loro volta, accelerate dal campo elettrico, urtano contro altri legami covalenti liberando altri portatori, e così via “a valanga”.

Considerazioni sul funzionamento
Il modo più semplice per descrivere il principio di funzionamento del diodo è quello che considera una tensione di soglia e una corrente di saturazione inversa, trascurabili. Con queste semplificazioni possiamo dire che il diodo a giunzione passa dallo stato di conduzione a quello di interdizione (stato di spegnimento) quando la tensione esterna si inverte.
Idealmente possiamo quindi considerare il diodo come un conduttore perfetto in polarizzazione diretta e come un isolante perfetto in polarizzazione inversa.
Nella realtà, osservando la curva corrente-tensione di un diodo, si nota che la conduzione in polarizzazione diretta è possibile solo superando una tensione di soglia Vg. In aggiunta, la conduzione non avviene a resistenza nulla. Il valore della tensione di soglia può variare da 0.6 a 0.8 V, per diodi al silicio, mentre nel caso del germanio varia tra 0.2 a 0.4 V. Il valore della resistenza, in regime di conduzione è invece molto basso (poche decine di W), e in genere nelle applicazioni pratiche può essere trascurato.
In pratica si usa la seguente approssimazione: per tensioni maggiori di , il diodo si comporta come un conduttore con resistenza trascurabile, altrimenti come un isolante.
In alcune applicazioni tuttavia è necessario conoscere con maggior precisione i valori di corrente-tensione del diodo. In questi casi si può utilizzare la legge che lega la corrente che scorre in una giunzione alla tensione di polarizzazione e, quindi, risolvere analiticamente le equazioni del circuito in esame.
Per le proprietà dette il diodo è impiegato come raddrizzatore e come interruttore di corrente nei circuiti elettrici ed elettronici, e in queste funzioni ha rimpiazzato quasi completamente il vecchio tubo a vuoto (valvola).
Prima di passare all’analisi dei circuiti con i diodi elenchiamo i tre modelli con i quali si può sostituire il diodo a seconda del tipo di circuito in cui è inserito.

Modelli approssimati del diodo
Il diodo all’interno dei circuiti risulta un elemento particolarmente difficile da trattare per via della caratteristica non lineare che lega la tensione alla corrente, ma tuttavia si ricorre a dei modelli circuitali del diodo, introducendo approssimazioni più o meno drastiche a seconda del tipo di applicazione.
In questo modo la curva caratteristica si riduce a una spezzata che interpola la caratteristica reale.


Diodo come interruttore (MODELLO 1). Tale modello considera il diodo in polarizzazione inversa come un’interruttore aperto e il diodo in polarizzazione diretta come un interruttore chiuso ossia un cortocircuito.

Diodo come batteria Vf
(MODELLO 2) . In polarizzazione diretta è spesso necessario tenere conto della caduta di tensione pari alla tensione di soglia. Il valore di Vf che si assume di solito è di 0,7 V e il modello corrispondente è costituito da una batteria pari a Vf.



Diodo come batteria Vf e resistenza interna Rf
(MODELLO 3). Questo è il modello più preciso che tiene conto, in polarizzazione diretta, anche della variazione della tensione ai capi del diodo al variare della corrente che lo attraversa. Vf vale sempre 0.7V se non indicato diversamente mentre Rf è dell’ordine delle decine di ohm.



Criteri per la sostituzione dei modelli approssimati
Quando i circuiti sono complessi non è semplice stabilire se il diodo conduce oppure no per sostituire il corrispondente circuito equivalente. In tal caso conviene ricordare a memoria a seguente regola.
Se da una veloce analisi del circuito si trova che la corrente che attraversa il ramo in cui è inserito il diodo è maggiore allora esso conduce e lo sostituiremo con il corrispondente modello.
Se invece la tensione ai capi del diodo è minore della tensione di soglia, allora non conduce e lo sostituiremo con un interruttore aperto.


Esempio 1
Relativamente al seguente circuito in cui RL=100 e la tensione d’ingresso è un’onda triangolare con escursione da –5V a +5V, determinare la tensione in uscita Vout, per i tre modelli del diodo e rappresentarla graficamente per ciascun modello. Considerare per il terzo modello Rf=5, Vf=0.7V.







Risoluzione

MODELLO 1.
Per Vin<0, vout="0.">=0, il diodo conduce con una resistenza nulla, quindi si comporta come un interruttore chiuso, per cui Vout=Vin.


MODELLO 2.
Per questo modello si deve considerare la tensione di soglia del diodo Vf=0.7, in corrispondenza della quale avviene il passaggio dall’interdizione alla conduzione
. Per Vinf, il diodo non conduce, quindi si comporta come un interruttore aperto, per cui Vout=0.
Per Vin>=Vf, il diodo conduce con una resistenza nulla e si comporta come una batteria di valore pari alla tensione di soglia Vf, per cui Vout=Vin-Vf, come si vede applicando l’equazione di Kirchhoff al circuito di figura. Quindi VoutM=4.3V.







MODELLO 3.
Anche per questo modello si considera la tensione di soglia per il passaggio dall’interdizione alla conduzione. In più, durante la conduzione si tiene conto della pendenza della curva caratteristica, considerando la resistenza Rf.
Per Vin=Vf, il diodo conduce con una resistenza nulla e si comporta come una batteria di valore pari alla tensione di soglia Vf, in serie ad una resistenza di valore pari alla resistenza di polarizzazione diretta Rf per cui come si ottiene dalla risoluzione del seguente circuito applicando Kirchhoff.
Quindi VoutM=4.1V

giovedì 8 novembre 2007

SECONDA LEZIONE: La giunzione P-N

Osservazioni
Per agevolare la comprensione di questo argomento è necessario l'utilizzo di immagini, per ciò verrà utilizzato in aula un videoproiettore,e ovviamente gli alunni verranno invitati a visitare il blog per approfondire maggiormente gli argomenti trattati.


LA GIUNZIONE P - N

Un semiconduttore omogeneo, ossia con caratteristiche uniformi al suo interno, ad una data temperatura si comporta come una normale resistenza, sia esso puro (intrinseco), o drogato. Esso fa passare una certa intensità di corrente elettrica seguendo la legge di Ohm, indipendentemente dal senso in cui si applica la tensione ai suoi estremi.Le applicazioni pratiche dei semiconduttori in generale non si basano su materiali omogenei, ma su monocristalli nei quali è stata artificialmente creata una più o meno brusca variazione nel drogaggio, vicino ad una superficie piana all’interno del cristallo stesso: una giunzione p – n, che separa due zone di diversa concentrazione di portatori di carica (elettroni o lacune) e di cariche fisse. La maggior parte dei dispositivi a semiconduttore contiene giunzioni p – n.











Intorno alla giunzione p – n, nasce una zona particolare detta zona di svuotamento.

La zona di svuotamento o “depletion layer” è una stretta regione attorno alla superficie di separazione della giunzione p – n, in cui non vi so
no portatori liberi di carica. Si hanno cioè donori senza i relativi elettroni nella parte n e accettori senza le relative lacune nella parte p. Ne segue che la parte n della zona di svuotamento è elettricamente carica con segno positivo, mentre la parte p è carica negativamente. Questa presenza di cariche non neutralizzate crea una barriera di potenziale crescente secondo il verso di penetrazione della giunzione da P a N.

La barriera di potenziale

La presenza di carica positiva nella zona n e di carica negativa nella zona p dà origine ad un campo elettrico in prossimità della giunzione.
Il campo elettrico interno della giunzione p - n dipende dalla posizione: ha intensità massima nella zona centrale, ovvero nella zona di svuotamento, mentre si annulla alle due estremità del cristallo. In una condizione di questo tipo le due grandezze, energia e posizione dei portatori, sono strettamente collegate, quindi, spostare un portatore equivale a cambiare il valore della sua energia potenziale.
La barriera di potenziale tende, dunque, ad opporsi al passaggio della corrente di diffusione, prodotta dalle cariche maggioritarie (solo le cariche con energia sufficiente a vincere la barriera di potenziale ovvero le cariche con energia pari almeno a riescono a passare), e favorisce invece una corrente di deriva in senso opposto (a causa del campo elettrico prodotto dalla barriera di potenziale) prodotta dalle cariche minoritarie. La giunzione PN è pertanto contemporaneamente attraversata da due correnti di verso opposto: una di diffusione inizialmente più grande, ma in diminuzione al crescere della barriera di potenziale, e una di deriva in aumento. Quando queste due correnti diventano uguali si raggiunge una situazione di equilibrio e la barriera di potenziale rimane costante.


POLARIZZAZIONE DELLE GIUNZIONE P - N

Vediamo che cosa succede quando viene applicato un campo elettrico esterno alla giunzione p – n, per mezzo di una batteria che eroga la tensione V. Come vedremo questa si comporta in modo differente a seconda se il campo elettrico esterno (la tensione) è concorde o discorde con il campo elettrico interno della barriera di potenziale.

Polarizzazione diretta V>0
Quando il potenziale esterno V ha segno positivo i portatori maggioritari, elettroni della zona n e lacune della zona p, “sentono” un'altezza della barriera di potenziale più piccola e pari a V0 - V (dove V0 è il valore della barriera a giunzione aperta). La giunzione si trova ora in una condizione di non-equilibrio e attraverso il circuito si stabilisce una corrente. In pratica, un numero molto elevato di portatori maggioritari ha in questo caso un'energia sufficiente per scavalcare la barriera di potenziale e raggiungere il terminale elettrico sul lato opposto della giunzione dando origine alla corrente di diffusione. Qua, le cariche, per mezzo del generatore di tensione, sono ricondotte sul lato iniziale della giunzione.
Contemporaneamente, i portatori minoritari, elettroni nella zona p e lacune nella zona n, si spostano in direzione opposta dando origine alla corrente di drift che non subisce variazioni in seguito alle variazioni di V e risulta, chiaramente, di piccola entità.
Dunque, quando la giunzione è polarizzata in modo diretto si ha, maggiormente, iniezione di elettroni dalla zona n alla zona p e di lacune in verso opposto: spostamento di portatori maggioritari.
Tale corrente assume valori significativi per una tensione esterna superiore a un certo valore chiamato tensione di soglia ed indicata di solito con Vf o Vg, che per una giunzione al Si vale 0.5-0.7 V, mentre per una giunzione al Ge vale 0.2-0.4 V Nella polarizzazione diretta si avrà un equilibrio tra le bande ai lati della giunzione, e la corrente potrà fluire tranquillamente nella giunzione.


Polarizzazione inversa V<0
Quando il potenziale esterno V ha segno negativo i portatori maggioritari “sentono” un'altezza della barriera della giunzione più grande e pari a V0 + V . In altri termini una tensione negativa rende "energeticamente" più distanti le due regioni della giunzione. In questa condizione, detta di "polarizzazione inversa", la giunzione si trova in uno stato di non equilibrio e attraverso il circuito si stabilisce un flusso costante, sebbene molto debole, di portatori di carica. Infatti, un numero sempre maggiore di portatori maggioritari non ha energia sufficiente per attraversare la giunzione (elettroni che vanno da n a p, lacune da p a n). Viceversa la corrente di drift, dovuta al passaggio dei minoritari, non viene modificata dalla variazione della barriera. La condizione di equilibrio non è più soddisfatta: la corrente di drift è più grande della corrente di diffusione e nel circuito si stabilisce un flusso costante di portatori di carica. La corrente che scorre attraverso la giunzione è in pratica la corrente di drift (proporzionale alla densità dei minoritari nelle due zone della giunzione) ed ha quindi un'intensità così bassa (pochi µ A) da risultare trascurabile rispetto alla corrente che scorre in condizioni di polarizzazione diretta.
La corrente inversa dipende molto poco dalla tensione di polarizzazione. In pratica, applicando una tensione negativa di pochi decimi di Volt si raggiunge il valore limite di corrente che può scorrere in una giunzione polarizzata inversamente (corrente inversa di saturazione).
Dunque: quando la giunzione è polarizzata in modo inverso si ha, maggiormente, iniezione di elettroni dalla zona p alla zona n e di lacune in verso opposto: spostamento di portatori minoritari.
Nella polarizzazione inversa si avrà un'accentuazione dell'inclinazione delle bande ai lati della giunzione, e la corrente sarà dovuta solo alle cariche minoritarie che trovano una situazione loro favorevole.

mercoledì 7 novembre 2007

PRIMA LEZIONE: Introduzione allo studio dei diodi: i Semiconduttori

INTRODUZIONE

Non inizierò a parlare direttamente del diodo ma tratterò inizialmente gli argomenti relativi alla teoria dei semiconduttori e alla giunzione p-n, in quanto ritengo che questi argomenti, spesso trattati con superficialità nel corso a cui mi riferisco, siano fondamentali per la corretta comprensione non solo del diodo ma anche del BJT (Bipolar Junction ransistor) che costituisce l’elemento circuitale fondamentale dell’elettronica. Questi argomenti sono comunque molto articolati, per cui, per cercare di stimolare l’interesse degli allievi parlerò dapprima del motivo che ci spinge a studiare il diodo, in questa spiegazione gli alunni vedranno questo elemento circuitale non come una mera astrazione ma ne capiranno l’utilità nella quotidianità; questo perché ritengo che avvicinare i concetti didattici alla diretta esperienza degli allievi ne aumenti la curiosità.


Perché studiamo il diodo?

La più comune applicazione del diodo è quella all’interno degli alimentatori.
Per ottenere la tensione di alimentazione per i circuiti elettronici si sfrutta il segnale proveniente dalla rete di distribuzione; esso necessita di una adeguata conversione, poiché la maggior parte dei dispositivi elettronici richiede, per poter funzionare, un’alimentazione continua che và da pochi volt fino a qualche decina di volt e valori di corrente che vanno da qualche mA fino a qualche decina di ampere, mentre la tensione di rete è di tipo sinusoidale con valore efficace pari a 220V e frequenza pari a 50Hz. I dispositivi che convertono la tensione di rete (220 V sinusoidale alternata con frequenza di 50 Hz) ad una tensione continua di valore utile al funzionamento del dispositivo che si vuole alimentare vengono chiamati ALIMENTATORI. In questi ultimi trova la più comune applicazione il diodo.
Nella seguente catena a blocchi vengono indicate le principali fasi della trasformazione sopra citata e i dispositivi che le mettono in atto:




- Il trasformatore converte la tensione di rete in una tensione della stessa forma ma con ampiezza ridotta fino a valori dell’ordine delle decine di volt. In questa fase si abbassa, dunque, la tensione di rete a livello di quella di uscita.

- Il raddrizzatore elimina o ribalta le componenti negative della tensione sinusoidale. In questa fase, dunque, il segnale sinusoidale verrà convertito in pulsante, cioè, con segno sempre positivo e valor medio non più nullo.

- Il filtro, attraverso l’utilizzo di condensatori, effettua un primo livellamento della tensione raddrizzata. All’uscita del raddrizzatore infatti si ha una tensione che è tutt’altro che continua.

- Il regolatore - stabilizzatore si occupa di livellare ulteriormente la tensione e di evitare eccessive variazioni al variare del carico o della tensione in ingresso. Il filtro, infatti, non riesce a rendere perfettamente costante il segnale raddrizzato, questa ondulazione residua (ripple), non è accettabile nella maggior parte delle applicazioni.

I diodi negli alimentatori trovano impiego in due blocchi, il RADDRIZZATORE e lo STABILIZZATORE. Nel caso dei raddrizzatori si usa il diodo nel funzionamento ON-OFF.
Per comprendere il principio di funzionamento del diodo è necessario studiare i semiconduttori e la giunzione P-N.


I SEMICONDUTTORI

Cenni sulla struttura atomica della materia
E’ noto dalla fisica che tutti i materiali esistenti in natura sono costituiti da atomi. Ogni atomo è formato da, un nucleo, caratterizzato da una massa e contenente un certo numero di protoni (cariche elettriche positive) e di neutroni ( elettricamente neutri), e da elettroni (cariche elettriche negative) che “orbitano”, a distanza diversa, intorno al nucleo.

In condizioni normali il numero di protoni contenuti nel nucleo è uguale al numero di elettroni orbitanti, così che l’atomo risulta globalmente neutro. Il movimento di ciascun elettrone intorno al nucleo è definito dalle leggi della meccanica quantistica, che prevede che gli elettroni di un atomo si dispongano in strati concentrici intorno al nucleo secondo livelli di energia discreti (cioè che possono assumere solo determinati valori) detti orbitali., ovvero, nel suo movimento l’elettrone non segue una specifica traiettoria ma piuttosto va inteso come una nuvola carica negativamente che occupa l’orbitale.
In un atomo ogni elettrone è contraddistinto da quattro numeri quantici che ne definiscono lo stato quantico:
- il numero quantico principale n: definisce l’energia totale dell’elettrone; - il numero quantico orbitale l e il numero quantico magnetico ml determinano la forma dell’orbita dell’elettrone intorno al nucleo;
- il numero quantico di spin ms indica il verso di rotazione dell’elettrone intorno al proprio asse;
Se un atomo possiede più di un elettrone è valido il Principio di esclusione di Pauli: uno stato quantico può essere occupato da un solo elettrone.
I possibili orbitali di un atomo sono definiti dai primi tre numeri quantici, per ogni orbitale, quindi, possono esistere due elettroni con un diverso numero quantico di spin; inoltre gli elettroni tendono ad occupare , tra i possibili orbitali, quelli a più basso contenuto energetico ovvero quelli con n più piccolo, che sono i più vicini al nucleo.
In un atomo gli elettroni che occupano lo strato più esterno vengono detti elettroni di valenza; da essi dipendono le caratteristiche chimiche e fisiche dell’atomo, ad esempio gli atomi di Silicio e Germanio sono tetravalenti, cioè hanno quattro elettroni di valenza.
Sull’elettrone agiscono due forze di uguale direzione ma verso opposto: una forza di attrazione coulombiana verso il nucleo e una forza centrifuga; affinché l’elettrone si trovi in equilibrio le due forze devono essere uguali tra loro in modulo.
Inoltre l’elettrone che ruota intorno al nucleo possiede due tipi di energia: cinetica e potenziale. L’energia cinetica è dovuta al moto circolare dell’elettrone intorno al nucleo; l’energia potenziale viene definita come il lavoro fornito dalla forza coulombiana per portare l’elettrone a distanza r dal nucleo. La somma dei due tipi di energia sopra indicate fornisce l’energia totale dell’elettrone. Considerando la struttura dell'atomo, se volessimo immaginare come varia l’energia potenziale in tre dimensioni otterremmo una figura geometrica simile ad un imbuto: nella parte centrale bassa si deve pensare sia situato il nucleo dell’atomo, mentre l’elettrone ruota sulla parete sempre alla stessa altezza perché è quella l’energia ad esso associata. Per allontanarsi dall’atomo è necessario che l’elettrone riceva energia, cioè superi la barriera di potenziale per fuoriuscire dall’imbuto.

Teoria delle bande di energia nei materiali
Quando più atomi dello stesso materiale sono vicini, compaiono delle forze attrattive che aumentano col diminuire della distanza tra gli atomi, a distanze molto piccole compaiono forze repulsive che al diminuire della distanza diventano più intense di quelle attrattive; gli elettroni di un atomo sono influenzati da tutti gli altri elettroni e nuclei degli altri atomi. Esiste una distanza alla quale queste forze si equilibrano e gli atomi raggiungono una posizione di equilibrio stabile formando tra loro dei legami. Quando il materiale è un solido con struttura cristallina, i legami costringono gli atomi a restare fermi nella loro posizione; l’unico movimento possibile e la vibrazione degli atomi attorno alla loro posizione di equilibrio. Questo spostamento piuttosto limitato si ottiene fornendo agli atomi energia, ad esempio energia termica. Gli elettroni, invece, hanno una possibilità di movimento maggiore, in particolare, se l’elettrone percorre un’orbita abbastanza vicina al nucleo non è influenzato dalla vicinanza di altri atomi, mentre invece, la sua orbita viene fortemente variata se occupa una posizione più periferica, in quest’ultimo caso se un elettrone possiede un’energia sufficiente è libero di muoversi tra gli atomi. Quando più atomi sono posti nelle vicinanze, tutti i livelli energetici possibili degli elettroni (liberi e vincolati) si raggruppano in fasce, chiamate bande, in particolare si costituiscono delle bande di energia ammesse e delle bande di energia non ammesse: ogni banda è formata da un insieme di livelli discreti di energia, ma il numero elevatissimo di questi livelli fa sì che la banda possa essere intesa come un tratto continuo di energia ammessa. Tra le bande possibili due risultano particolarmente importanti: la banda di valenza e la banda di conduzione.

La banda di valenza è formata dai livelli energetici degli elettroni di valenza, mentre la banda di conduzione è la banda di energie ammesse immediatamente superiore alla precedente, è costituita da livelli energetici vuoti disponibili ad essere occupati da elettroni provenienti dalla banda di valenza. Queste due bande sono separate da una banda non ammessa o interdetta (band gap).
La possibilità di conduzione di un materiale è legata alla probabilità che gli elettroni siano in grado di compiere transizioni da un livello della banda di valenza a uno della banda di conduzione, di passare cioè dalla condizione di avere elettroni vincolati alla condizione di avere elettroni liberi di muoversi.
Maggiore è il numero di elettroni presenti nella banda di conduzione, più elevata è la conducibilità del materiale, affinché possano verificarsi le transizioni è necessario fornire al materiale l’energia sufficiente a superare il gap che lo separa dalla banda di conduzione.
A seconda dell’estensione della banda proibita i solidi si classificano in: conduttori, isolanti e semiconduttori. In particolare:

1. Quando il gap è nullo o negativo, ovvero la banda di conduzione inizia dove termina la banda di valenza o le due sono addirittura parzialmente sovrapposte, siamo in presenza di materiali CONDUTTORI;




2. Quando il gap è piccolo (minore di 1eV o di poco superiore) per effetto termico, attraverso radiazioni luminose o in presenza di un campo elettrico è facile ottenere il passaggio di un certo numero di elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione; questo è il caso dei materiali SEMICONDUTTORI.



3. Quando il gap è molto grande, ovvero alcuni eV, siamo in presenza di materiali ISOLANTI, in questo caso, infatti, anche in presenza di un campo elettrico elevato, gli elettroni non riescono a superare la banda interdetta;





Per quanto concerne i semiconduttori, a temperature superiori allo zero assoluto ( per esempio a temperatura ambiente) un certo numero di elettroni è già presente nella banda di conduzione, perché il calore ricevuto è sufficiente a far avvenire la transizione in tale banda. Naturalmente tanto più è elevata la temperatura tanto più elevato è il numero di elettroni liberi, quindi tanto maggiore è la conducibilità del materiale.
La conducibilità di un semiconduttore non è dovuta solamente agli elettroni presenti nella banda di conduzione, ma anche alla presenza dei livelli vuoti nella banda di valenza.Come vedremo meglio di seguito, se un elettrone transita nella banda di conduzione lascia un posto vuoto nella banda di valenza, che può essere occupato da un altro elettrone proveniente da un livello inferiore della banda di valenza.

Struttura cristallina dei semiconduttori
Le proprietà che caratterizzano i semiconduttori sono le seguenti:
- sono sostanze non metalliche la cui resistività può variare da un millesimo a un milione di per centimetro, a temperature sufficientemente basse sono comunque buoni isolanti;
- la conducibilità elettrica dei materiali puri cresce rapidamente con la temperatura;
- le proprietà elettriche sono molto sensibili al contenuto di impurezze caratteristiche.
L’impurezza indica la presenza di un atomo diverso all’interno della struttura cristallina del semiconduttore puro.
A causa dell’estrema sensibilità delle proprietà fisiche dei semiconduttori a impurezze, temperatura, radiazione, ecc., questa classe di materiali può essere sfruttata nella costruzione di molti tipi di dispositivi elettronici: diodi, transistor, circuiti integrati, laser, celle solari, sensori di temperatura, pressione, campo magnetico e sostanze contaminanti e altro ancora. Lo sviluppo di tali dispositivi ha portato alla realizzazione di calcolatori elettronici e di microprocessori sempre più potenti e veloci. La caratteristica più significativa della conducibilità dei semiconduttori è la sua forte dipendenza dalla temperatura e dal contenuto di impurezze particolari. Mentre nei metalli, aumenta gradualmente al diminuire di T, nei semiconduttori, diminuisce di molti ordini di grandezza tra la temperatura ambiente e alcuni gradi Kelvin.
I materiali più usati nella realizzazione dei componenti a semiconduttore sono il silicio (Si) e il germanio (Ge). Gli atomi di Si o Ge sono caratterizzati dall’avere 4 elettroni di valenza (tetravalenti), più esterni, che vengono utilizzati per i legami atomici (legame covalente) formando una struttura cristallina.


La schematizzazione riporta nel piano una struttura che in realtà è tridimensionale: gli atomi del semiconduttore realizzano una reticolo cristallino, disponendosi ai vertici di un tetraedro regolare.

Ogni atomo, che come già detto presenta quattro elettroni di valenza, forma un legame di tipo covalente con i quattro atomi circostanti ( un legame ogni due elettroni, uno per atomo).
Quando si fornisce energia termica o solare o elettrica è possibile spezzare un legame covalente, in questo caso si avranno elettroni liberi, cariche negative, disponibili per il passaggio di corrente (portatore di carica negativa). Di conseguenza la mancanza di un elettrone dà origine ad una carica localizzata positiva che prende il nome di lacuna.
La lacuna è molto importante nello studio della conducibilità dei materiali semiconduttori perché si comporta come un vero e proprio portatore di carica positiva, infatti un elettrone di valenza di un atomo vicino, che non disponga di energia sufficiente per diventare libero, potrà però più facilmente abbandonare il suo livello nella banda di valenza andando ad occupare quello libero vicino ovvero ad occupare il posto vuoto della lacuna, dunque, è come se la lacuna si fosse spostata nel verso opposto. Per capire meglio questo concetto possiamo pensare alla sala di un teatro, se le poltrone sono tutte occupate non è possibile nessun movimento di persone, se però due persone si alzano e abbandonano la sala, altre due persone sedute dietro si potrebbero alzare per occupare i posti rimasti vuoti che consentono una migliore visione dello spettacolo, ma ancora altre due persone sedute nelle file più indietro si sposteranno per sedersi nei due posti rimasti liberi, e così via dicendo, le persone si sposteranno sfruttando i posti vuoti lasciati liberi; tale movimento si può vedere come lo spostamento delle due poltroncine libere via via sempre più verso le ultime file.
La conduzione in un semiconduttoreintrinseco è dovuta, oltre agli elettroni presenti nella banda di conduzione, anche ai posti liberi presenti nella banda di valenza.


Semiconduttori drogati
Per aumentare la conducibilità di un materiale semiconduttore e quindi la sua dipendenza da fattori esterni quali campo elettrico, temperatura, radiazione solare ecc, si ricorre al drogaggio (doping). Questo processo consiste nell’inserire all’interno della struttura cristallina del Si o Ge, tetravalenti, atomi di materiale pentavalente o trivalente per creare, in questo modo, un eccesso di elettroni liberi o lacune. Un semiconduttore sottoposto a drogaggio si definisce estrinseco. Il materiale in cui vengono introdotti atomi pentavalenti, detti donori, diventa di tipo n per l’eccesso di cariche negative (elettroni), e quello con atomi trivalenti, detti accettori, diventa di tipo p per l’eccesso di “cariche positive” (lacune).

Bisogna considerare il fatto che, mentre in un semiconduttore puro (intrinseco) il numero di lacune e di elettroni liberi coincide, nel caso di semiconduttore drogato (estrinseco) sono presenti in numero maggiore le cariche di polarità corrispondente al drogante scelto (lacune se il drogante scelto è trivalente, elettroni se il drogante scelto è pentavalente). Inoltre, poiché le cariche mobili nel semiconduttore puro sono molto poche, la conducibilità estrinseca, introdotta con il drogaggio, risulta dominante rispetto a quella intrinseca
Dunque in un semiconduttore drogato sono presenti due tipi di cariche mobili:
1. Le coppie elettrone-lacuna, presenti in quantità limitata che determinano una conducibilità molto ridotta e dipendente dalla temperatura, che influenza il numero di elettroni liberi.
2. Le cariche introdotte mediante drogaggio, sono le cariche maggioritarie dipendenti soltanto dal numero di atomi di impurità introdotti mediante il drogaggio. Questa conducibilità è dominante rispetto la precedente..
Quando nel semiconduttore si ha una distribuzione non uniforme di cariche libere queste tendono a distribuirsi in modo uniforme (analogamente a quanto avviene con i gas che tendono a distribuirsi nello spazio a loro disposizione); in queste condizioni siamo in presenza di una corrente di diffusione, che si annulla una volta raggiunta la condizione di equilibrio, in queste condizioni, affinché si abbia passaggio di corrente, bisogna applicare al semiconduttore un campo elettrico che orienti il movimento delle cariche, in questo caso siamo in presenza di una corrente di deriva.
Nel caso più generale, ovvero in presenza sia di una distribuzione di cariche non uniforme che di un campo elettrico, le due correnti possono coesistere contemporaneamente; il movimento delle cariche per diffusione è molto più veloce, mentre quello per deriva dipende dal campo elettrico applicato e dalla resistenza del materiale conduttivo


venerdì 2 novembre 2007

PROGRAMMAZIONE DIDATTICA

La Programmazione Didattica va intesa come lavoro fondamentale all’ottenimento di risultati educativi e didattici adeguati, con essa il singolo docente predispone per l’ottimizzazione della sua strategia di lavoro.
E’ opportuno precisare che la programmazione didattica che intendo sviluppare è articolata in moduli, i quali raggruppano un certo numero di unità. Ritengo infatti che una Programmazione Didattica di tipo MODULARE mostri maggiori vantaggi rispetto alla classica programmazione.
Un primo vantaggio sta nel fatto che questo tipo di programmazione ben si presta alla creazione di percorsi didattici differenziati in relazione alle singole
realtà iniziali e alle differenti esigenze finali; un ulteriore vantaggio risiede nel fatto che l’ organizzazione modulare può favorire l’unitarietà all’interno delle singole discipline e tra le diverse discipline, eliminando o, quanto meno, riducendo l’errata opinione che spesso gli studenti si fanno delle singole discipline, viste come autonome tra loro.
L’unità costituisce l’elemento minimo di programmazione, in quanto
finalizzata al perseguimento di uno o più obiettivi specifici tra loro fortemente
interagenti.
In questo senso, mentre l’unità, mirata al perseguimento di obiettivi specifici (obiettivi a breve termine), assume il significato di ultimo livello della programmazione didattica, il modulo invece
assume il significato di elemento minimo della programmazione annuale, finalizzata al perseguimento di uno o comunque pochi obiettivi unitari.
Per le singole unità di lavoro verranno definiti gli obiettivi e i percorsi didattici per raggiungerli, rinunciando a priori che questi debbano essere uguali per tutti: l’attività educativa e didattica deve essere personalizzata. Pertanto anche gli obiettivi debbono essere sempre personalizzati:
 tutti gli alunni perseguiranno determinati obiettivi disciplinari ritenuti fondamentali ma secondo ritmi che potranno differenziarsi;
 esistono poi obiettivi opzionali che potranno essere raggiunti ma anche non raggiunti in relazione alle capacità e agli interessi individuali.



PROGRAMMAZIONE DIDATTICA


Disciplina: ELETTRONICA Anno Scolastico 2007/2008
Docente: A.Castelletti

Classe:4^ ITI ad indirizzo elettronico

1. FinalitàFornire conoscenze, competenze e capacità necessarie al riconoscimento, analisi e progettazione
dei principali circuiti analogici.

2. Obiettivi minimi per modulo

Mod.1: Fondamenti di elettronica analogica- Conoscere le proprietà elementari dei componenti elettrici;
- Riconoscere le caratteristiche dei componenti passivi;
- Analizzare semplici reti;

Mod.2: Teoria dei semiconduttori e Diodo a giunzione- conoscere le principali caratteristiche dei semiconduttori;
- conoscere la giunzione a semiconduttore;
- conoscere la relazione tensione-corrente di un diodo e le principali caratteristiche dei diodi commerciali;
- comprendere il corretto funzionamento dei circuiti a diodi;
- utilizzare diodi nei circuiti di uso comune;

Mod.3: Transistore bipolare- Comprendere il funzionamento dei transistori;
- Conoscere le reti di polarizzazione di un BJT
- Riconoscere e valutare le prestazioni di circuiti che utilizzano transistori;
- Utilizzare transistori per realizzare funzioni diverse;

.Mod.5: Amplificatori operazionali- Conoscere il concetto di amplificazione;
- Conoscere le caratteristiche e i principi di funzionamento di un
Amplificatore Operazionale;
- Conoscere le configurazioni di base degli Amplificatori Operazionali;
- saper analizzare e dimensionare semplici circuiti d’uso dell’operazionale;
- utilizzare amplificatori operazionali integrati per realizzare funzioni
diverse;

.Mod.6: Analisi in frequenza- Conoscere i parametri di un segnale periodico;
- Conoscere le definizioni di impedenze;
- Conoscere i vantaggi della trasformazione in s;
- Conoscere le principali proprietà della L-trasformata;
- Conoscere il significato di funzione di trasferimento;
- Conoscere i vantaggi e lo scopo dello studio in frequenza;





3. Sviluppo singole Unità del Modulo 2

Mod. 2 Teoria dei semiconduttori e diodo a giunzione

NB: Cn = conoscenza; Ab = abilità; T = teoria; L = laboratorio

Obiettivi di competenza finali attesi

1. Conoscere la giunzione a semiconduttore;
2. conoscere il comportamento reale e ideale dei diodi;
3. conoscere l’applicazioni del diodo nei circuiti raddrizzatori, limitatori e stabilizzatori;

Modalità di verifica, recupero e/o approfondimento

- Verifica sommativa scritta e orale;
- Eventuale recupero e relativa verifica;
- Eventuali approfondimenti su argomenti specifici valutati
in contemporanea al recupero
- Eventuali ulteriori recuperi saranno possibili con percorsi
didattici personalizzati ed esterni al normale orario di
lezione.




Unità di lavoro 3.1 Teoria dei semiconduttori
Contenuti:
Cenni sulla struttura atomica della materia, bande di energia, struttura cristallina dei semiconduttori, drogaggio dei semiconduttori, la giunzione p-n, polarizzazione della giunzione p-n. Prerequisiti : conoscenze elementari di chimica;

Tempi: 2 settimane

Obiettivi di teoria fondamentali:
Cn1T Conoscere le proprietà caratteristiche dei semiconduttori
Cn2T Conoscere la struttura di un semiconduttore drogato.
Cn3T Conoscere la struttura di una giunzione p – n
Cn4T Conoscere la zona di svuotamento di una giunzione p – n.
Cn5T Conoscere il comportamento della giunzione
p–n in polarizzazione diretta e inversa.

Ab1T Saper valutare gli effetti della temperatura sulle caratteristiche dei dispositivi a semiconduttori.


Modalità di verifica, recupero e/o approfondimento: Verifica scritta a fine unità




Unità di lavoro 3.2 Diodo a giunzione p-n
Contenuti:
Principio di funzionamento e modello del diodo, le funzioni del diodo. Prerequisiti : saper risolvere espressioni algebriche;
saper leggere una rappresentazione grafica;

Tempi: Novembre-Dicembre

Obiettivi di teoria fondamentali:
Cn1T Conoscere le nozioni fondamentali sul funzionamento dei diodi,
Cn2T Conoscere i parametri e la caratteristica I – V di un diodo.
Cn3T Conoscere il funzionamento del diodo secondo i tre modelli approssimati.
Cn4T Conoscere il raddrizzatore a semionda.
Cn5T Conoscere il comportamento del diodo zener;
Cn6T Conoscere i circuiti limitatori;
Cn7T Conoscere il circuito stabilizzatore;

Ab1T Saper leggere la caratteristica I – V.
Ab2T Riconoscere il simbolo grafico e saper utilizzare il modello del diodo a semiconduttore.
Ab3T Saper applicare i modelli approssimati del diodo.
Ab4T Capacità di risolvere semplici reti con diodi utilizzando i modelli equivalenti.
Ab5T Saper definire l’utilizzo del diodo nei circuiti limitatori;
Ab6T Saper definire l’utilizzo dei diodi nei raddrizzatori e negli stabilizzatori degli alimentatori.

Obiettivi di teoria opzionali:
Ab6T Autonomia nell’analisi e nella sintesi dei circuiti di media complessità comprendenti i dispositivi a semiconduttore;

Modalità di verifica, recupero e/o approfondimento:
Verifica scritta a fine unità Obiettivi di laboratorio fondamentali:
Cn1L conoscere i parametri più importanti dei diodi.
Cn2L conoscere le differenti tipologie di diodi a seconda del loro tipo di applicazione

Ab1L valutare le prestazioni di un diodo in base alle caratteristiche riportate sui Data Sheet.
Ab2L Saper classificare i diodi a seconda dei parametri.
Ab3L Saper analizzare semplici circuiti con diodi.
Ab4L Capacità di discussione dei risultati dell’analisi sperimentale con quelli teorici attesi.

Modalità di verifica, recupero e/o approfondimento:
Valutazione in itinere dell’attività di laboratorio integrata da una relazione scritta

Presentazione del blog

SCOPO DEL MIO BLOG

Scopo del mio blog è quello di supportare nel processo di apprendimento i miei allievi, questo strumento, infatti, fornirà non solo la possibilità di acquisire le informazioni sulla disciplina attraverso un modalità a loro assai più familiare, poiché l’ambiente multimediale in cui si trovano è proprio di loro appartenenza, ma anche di avere a disposizione una modalità di comunicazione che fa uso di immagini, animazioni, collegamenti, modalità assai diversa dalla classica lezione.
In questo modo gli allievi avranno una maggior dimestichezza e padronanza nel processo di apprendimento, e la pluralità di strumenti a loro disposizione potrà meglio adattarsi ad ogni singolo allievo.
Ritengo, inoltre, che questo sia uno degli strumenti più efficaci per abituare i ragazzi ad approfondire gli argomenti trattati. Infatti gli alunni tendono a studiare sul materiale più esiguo che hanno a disposizione e in genere non utilizzano nemmeno i libri di testo ma solo gli appunti presi a lezione che possono riportare errori; mentre attraverso l’utilizzo del blog, avendo a che fare con uno strumento a loro piacevole, l’approccio è certamente positivo, ed inoltre, i vari collegamenti riescono a condurli a dettagli maggiori.


STRUTTURA DEL BLOG

Svilupperò in questo blog i seguenti punti:

1. PROGRAMMAZIONE DIDATTICA:
questa, a mio parere, permetterà all’allievo di avere riferimenti precisi,
a maggior ragione se si fanno i riferimenti al testo utilizzato, si otterrà
inoltre il vantaggio di togliere all’alunno qualsiasi alibi relativo a lezioni
perse e compiti assegnati;

2. DESCRIZIONE DEGLI OBIETTIVI E DEGLI STRUMENTI VALUTATIVI:
verranno individuati gli obiettivi tenendo conto che le conoscenze umane
possono essere classificate in descrittive, cioè “che cosa”(sono le
nozioni),procedurali, cioè “come”(mirano all’acquisizione e allo sviluppo di
abilità di costruzione di procedure secondo un processo logico), e contestuali,
cioè “con”(valutano l’autonomia decisionale). Tutto ciò al fine di dare
importanza a conoscenze di tipo procedurale e contestuale, l’importanza non
sta nella mera acquisizione di nozioni ma nella capacità di saperle legare.
Inoltre verranno specificati, non solo le modalità di valutazione (criteri,tempi,
ecc.) ma anche gli strumenti da utilizzare.

3. SVILUPPO DELLE LEZIONI:
svilupperò le lezioni relative ad un intero modulo della Programmazione
didattica rivolta ad allievi del quarto anno ITI, il modulo in questione è :
Teoria dei semiconduttori e diodi a giunzione pn.
Attraverso l’utilizzo del blog metterò a disposizione degli alunni immagini,
materiale e slide che permettano un più semplice approccio agli argomenti
trattati, e riferimenti multimediali che consentano conoscenze
più approfondite ed ampie.

martedì 30 ottobre 2007

Breve riflessione

La mia esperienza di docente è abbastanza esigua, infatti è da soli due anni che ho intrapreso questo lavoro, ho iniziato a lavorare nella scuola e nel contempo a frequentare il corso S.I.L.S.I.S.; e credo che questo aspetto sia stato molto importante perché è come se avessi avuto in parallelo alla mia esperienza un supporto in più che mi ha fornito conoscenze e mezzi che mi hanno notevolmente aiutato.
Credo che il mestiere di docente sia tra i più delicati ed importanti…basti pensare che ogni giorno il docente lavora su del “materiale umano”…. intendo dire che ogni giorno i docenti si interfacciano con dei ragazzi appartenente ad un’età importantissima trasmettendo loro non solo informazioni riguardanti concetti relativi ad una determinata disciplina, quindi si occupano della loro istruzione, ma, cosa più importante e complicata, si occupano della loro educazione; l’importanza e la complessità stanno in due aspetti fondamentali di questo scenario: l’importanza sta nel fatto che gli allievi appartengono ad una fascia di età così particolare che l’approccio e la modalità pedagogica di un’insegnante possono influire sulle loro decisioni se non persino sul loro modo di essere, la complessità sta nella diversità cui l’insegnante deve relazionarsi, ogni allievo ha una sua “storia”, un suo modo di percepire e comprendere ogni cosa, ogni allievo rappresenta “un’unicità” . Alla luce di tutto questo, spero di poter essere un’INSEGNANTE, e non un docente o un professore……già perché, a mio parere, nel primo termine sta la ricchezza e la vera essenza del mio lavoro…..in questo termine è racchiuso il vero senso IN-SEGNANTE: colui che segna dentro…..ovvero lascia una traccia, una ricchezza aggiuntiva in ogni uno dei propri allievi.
Ecco perché cerco sempre di adottare svariati mezzi e metodi per trasmettere le varie informazioni ai miei allievi; lo scorso anno scolastico ho per esempio sperimentato l’apprendimento cooperativo su una classe III I.T.I. ad indirizzo elettrotecnico, i risultati ottenuti sia dal punto di vista didattico ma anche dal punto di vista delle relazioni createsi hanno entusiasmato me ma ancor di più i miei alunni. Inoltre per far fronte alle diversità dei vari allievi, nell’esporre i concetti relativi alla mia disciplina, utilizzo diverse metodologie didattiche, che vanno dalla comunicazione verbale a quella non verbale, dall’utilizzo della lavagna a quelli di altri strumenti di supporto e così via.
Ritengo, sotto questa prospettiva, che l’utilizzo di un blog possa essere un forte strumento per aiutare gli allievi nella comprensione di alcuni concetti, infatti bisogna ammettere che gli strumenti tecnologici sono degli strumenti molto familiari ai nostri allievi, sono degli strumenti propri del loro tempo, per cui la facilità e la dimestichezza con cui i ragazzi i approcciano a questo tipo di strumento può senz’altro servire loro da supporto di apprendimento; questo dunque può essere lo strumento per motivare maggiormente i nostri allievi, ed inoltre possono aiutare quegli allievi più orientati ad un apprendimento di tipo non verbale.
Ho deciso allora di sviluppare un intero modulo della programmazione didattica di elettronica per ragazzi di IV ITI ad indirizzo elettronico.

La prossima volta chiarirò in che modo intendo sviluppare il mio progetto.

lunedì 8 ottobre 2007

prova


saluto tutti per la prova della creazione del mio blog!!!